Incastellamento in Sicilia
I termini più usati nella toponomastica dell’incastellamento siciliano sono castrum (greco kàstron arabo qalat e qasr) per indicare le fortezze che dominano un paese abitato, castellum, kastellion e ancora qasr, e a volte castillicium per le fortezze isolate nelle campagne, e turris e pygoros per denominare strutture più piccole.
L’incastellamento in Sicilia inizia intorno al IX secolo d.C. con i castra dei “romaioi” (nome degli abitanti della Sicilia durante la dominazione dell’Impero Romano d’Oriente) per contrastare l’invasione saracena dell’isola (dal 828 al 965) e continua, con la costruzione di cittadelle fortificate, costruite dagli Arabi, a partire dal 966, per difendersi dai tentativi bizantini di riconquista e di caravanserragli, edifici, parzialmente fortificati, per la sosta ed il ricovero delle carovane commerciali.
Nel secolo XI i Normanni, guidati dal Conte Ruggero d’Altavilla, accanto ai bagli, basi coloniche fortificate, costruiscono particolari fortezze, chiamate dongioni su motta, edificate su poggi naturali. Motta indica, infatti, una collina o un terrapieno artificiale, su cui è collocata una fortificazione del tipo a torrione. Nei secoli XII e XIII i re normanni e poi Federico di Svevia fanno costruire i castra - palatia, ubicati nei luoghi più elevati dei centri abitati o, in campagna, arroccati su alture, come residenze venatorie, e castra - solatia, residenze di svago con spazi interni confortevoli per trascorrere giornate piacevoli.
Il Trecento è il secolo dei castelli feudali, il periodo in cui le grandi famiglie dell’isola, specie gli Alagona, i Ventimiglia, i Chiaramonte, i Peralta, vicari della corona aragonese, completano ed ampliano i castelli demaniali federiciani, rendendoli proprietà feudali personali o gestendoli per conto della Curia regia. Vengono costruiti anche nuovi castelli come residenze baronali, gli osteri, che conservano solo alcuni elementi dell’architettura difensiva (torri, garitte, merli) e acquistano una funzione soprattutto decorativa. Si tratta di grandi edifici costituiti da un piano nobile per i signori e da locali terranei per gli armigeri, i servi, gli stallieri, i vari dipendenti e i depositi di merci e di derrate alimentari.
Il Quattrocento è il secolo di minore attività dell’architettura difensiva siciliana e l’osterio diventa un vero e proprio palazzo di città, senza alcun carattere difensivo. Nel Cinquecento e nel Seicento, mentre i castelli situati nell’entroterra isolàno esauriscono la loro funzione militare, sulle coste vengono costruite torri d’avviso e grandiose opere di fortificazione, fortezze munite di bastioni e di baluardi, forti per proteggere le città portuali dalle incursioni piratesche provenienti dal Nord Africa e dagli attacchi dei Turchi-ottomani.
I castelli situati nella zona jonica della provincia di Messina, arroccati su scogliere o spuntoni di roccia, assolvono ad una funzione prettamente difensiva, sono avamposti, fortezze, presidi militari, luoghi di rifugio per la popolazione dei borghi e deposito di viveri e di armi durante gli assedi. Di questo patrimonio castellano, che sfida i secoli più o meno efficacemente, noi abbiamo scelto i siti di Scaletta Zanclea, di Fiumedinisi, di S. Alessio, di Forza d’Agrò, di Taormina e di Castelmola. Lungo l’itinerario sarete accompagnati da Rufus, la nostra mascotte medievale immaginaria.